Quella sera, tuttavia, Hans gli chiese o si chiese a voce alta (era la prima volta che parlava) cosa pensassero quelli che vivevano o frequentavano la quinta dimensione. All’inizio il direttore non capì bene, benché il tedesco di Hans fosse molto migliorato da quando era andato a costruire strade e ancora di più da quando viveva a Berlino. Poi afferrò l’idea e smise di badare a Halder e a Nisa per concentrare il suo sguardo di falco o di aquila o di avvoltoio necrofago negli occhi grigi e tranquilli del giovane prussiano, che stava già formulando un’altra domanda: cosa pensavano quelli che avevano libero accesso alla sesta dimensione di quelli che si collocavano nella quinta o nella quarta? Cosa pensavano quelli che vivevano nella decima dimensione, cioè quelli che percepivano dieci dimensioni, riguardo alla musica, per esempio? Cos’era per loro Beethoven? Cos’era per loro Mozart? Cos’era per loro Bach? Probabilmente, si rispose da solo il giovane Reiter, solo rumore, un rumore come di pagine accartocciate, un rumore come di libri bruciati.
In quel momento il direttore d’orchestra alzò una mano in aria e disse o meglio sussurrò in tono confidenziale:
«Non parli di libri bruciati, caro giovanotto».
Al che Hans rispose:
Mese: Luglio 2010
Tentativo di autorecensione – parte seconda
Per la prima parte, vedi qui.
In Noi dobbiamo essere i genitori, Wu Ming 1 parla di asimbolia del dolore, ovvero ciò che accade quando non si è più in grado di percepire il proprio dolore e capita pure di ridere; lo dice in riferimento al tardo postmodernismo. Ecco, Tutti carini comincia con quell’ironia di secondo grado di cui si diceva nella prima parte, che è invece doppiamente dolorosa: per il dolore dell’io narrante, provocato dal suo rapporto con il mondo, e per l’incapacità delle parole, svuotate dal postmoderno delle formule giovaniliste, di dire la tragedia: parte considerevole della tragedia è quindi l’impossibilità di dire la tragedia: il retroterra culturale pop del protagonista, che sul piano della fabula gli si rivolta contro e lo allontana dal mondo, si manifesta sul piano dell’espressione anche come ciò che non permette all’io narrante di esprimere in-mediatamente il suo disagio: stando così le cose, essendo io narrante e protagonista la stessa entità, l’espressione non solo è specchio del contenuto, ma aggiunge un plusvalore di contenuto (dell’altro dolore) sul piano della fabula.
Tentativo di autorecensione – parte prima
La settimana scorsa mi sono ritrovato qui a parlare, per la prima volta dopo tredici anni, di Tutti carini, un libro che ho pubblicato, per l’appunto, tredici anni or sono. Nella discussione sono emersi alcuni punti che ritengo interessanti, frazioni di un discorso che mi gira in testa da un paio d’anni a questa parte, cioè da quando ho cominciato ad avere la giusta distanza per ammettere serenamente che Tutti carini non mi piace e per riuscire a vederne con lucidità gli aspetti interessanti.
Distant Karma
VENERDI’ 16 LUGLIO, ORE 19
PALCO TEMPIETTO, ZOE MICROFESTIVAL,
ORTI GIULII, PESARO
DANIELE PASQUINI e JACOPO NACCI
in DISTANT KARMA:
due autori, due romanzi, il rock, ribellione andata e ritorno.
Coordina MAX DI PASQUALE
A cura di LA BURNIGIA attivisti culturali
Daniele Pasquini e Jacopo Nacci si confrontano su Io volevo Ringo Starr e Tutti carini, i loro romanzi giovanili distanti dodici anni nello spirito, nella musica, nella politica: adolescenza e subculture, anni Novanta e anni Zero, ribellione andata e ritorno. Coordina Max di Pasquale, giornalista freelance, scrittore, ex fanzinaro. L’incontro è a cura di La burnigia attivisti culturali.