Il peggiore tradimento possibile

Simone Weil

Fino a quando non troveremo la possibilità di evitare questa oppressione degli apparati sulle masse nel corso della produzione e del combattimento, ogni tentativo rivoluzionario avrà qualcosa di disperato. Infatti, mentre ci è noto di quale sistema di produzione e di guerra noi agogniamo con tutte le nostre forze la distruzione, ignoriamo quale sistema accettabile potrà prendere il suo posto. D’altra parte, qualunque tentativo di riforma appare come puerile nei confronti delle necessità cieche implicite nel funzionamento di questo, mostruoso ingranaggio. La società del presente assomiglia a una immensa macchina che afferri gli uomini e di cui nessuno conosca le leve di comando; e coloro che si sacrificano per il progresso sociale assomigliano a gente che si aggrappi alle ruote e alle cinghie di trasmissione nell’ansia di arrestare la macchina, facendosene a loro volta stritolare. Ma l’impotenza in cui ci si trova a un dato momento, impotenza che non deve essere mai considerata come definitiva, non può dispensare dal rimanere fedeli a se stessi, né scusare la capitolazione davanti al nemico, di qualunque maschera si copra. Comunque si travestano linguisticamente il fascismo e la democrazia o la dittatura del proletariato, il nemico capitale resta l’apparato amministrativo, poliziesco e militare; un nemico non identificabile con quello che ci sta di fronte, identificabile perché si presenta come nemico dei nostri fratelli, bensì è il nemico che dice di essere il nostro difensore, mentre ci rende schiavi. In qualunque circostanza il peggiore tradimento possibile consiste sempre nell’accettare la subordinazione a questo apparato e nel calpestare in se stessi e negli altri, per servirlo, tutti i valori umani.

Simone Weil, “Riflessioni sulla guerra”, Incontri lbertari
Traduzione di Maurizio Zani

GNAP! 2 – l’ira di Troll

GNAP! 2 – l’ira di Troll

Lo schiacciapatate è brutto, ma almeno non ti attribuisce secondi fini. Esiste anche un livello più basso, in cui a minare la dimensione del dialogo è il presupposto che chiunque parli lo faccia non per sostenere ciò che dice – per riferirsi a qualcosa, per giustificare le proprie scelte, per affermare dei valori – ma per colpire qualcuno e/o allearsi a qualcun altro, per invidia o per interesse.
Il meccanismo è quello del trolling: a una critica nel merito, di qualsiasi tipo e in qualsiasi campo, si risponde con domande e affermazioni che implicano la certezza di moventi altri e che saltano a piè pari il merito della critica – «Perché ti rode?» o «Adesso che hai fatto il tuo lavoro, il tuo padrone è contento?» o «Brutta l’invidia!» – come se le opinioni fossero tutte uguali e servissero solo a segnalare una qualche posizione in qualche schieramento o consorteria; insomma, per il troll, se dici «Rubare è sbagliato» lo stai dicendo perché ancora non hanno beccato i tuoi amici, o per chiamarti fuori prima della catastrofe, o semplicemente perché questa volta hanno beccato un altro, magari di un altro schieramento, e non te, o perché vorresti rubare anche tu ma non te lo puoi permettere. Mai e poi mai perché credi che rubare sia sbagliato (e poi, direbbe un troll particolarmente patatista, che significa “sbagliato”?); come nello schiacciapatate, anche nel trolling il reale è distrutto: rimangono solo le intenzioni oscure, i moventi nascosti, le strategie, i livori, le alleanze, gli interessi.

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Complottismo vs complottismo

Prendiamo, per esempio, un “Precario anticasta” come quello che sta imperversando su FB e del quale parla Repubblica.

Può avere una funzione strategica: convincerci che siamo tutti zozzi, perché il precario finché gli ha fatto comodo ci è stato, e mo che l’hanno licenziato fa “il moralista” (però m’arcmand: non chiediamoci come stiamo psicologicamente sopravvivendo in questa condizione di compromesso alienante che è in gran parte reale per molti di noi).
Può avere una funzione tattica: il gusto del sordido, il complotto che nasconde la stessa cosa che vedi alla luce del sole (il valore aggiunto è appunto il complotto, non la cosa), la scarica adrenalinica dell’indignazione, il gioco delle parti, l’ennesimo match settimanale nel quale perderemo altre energie contrapponendo sovrastruttura a sovrastruttura.

Dimanche

«Il Creatore fece i sensi proiettati verso l’esterno: essi vanno al mondo della materia esteriore, non allo Spirito interno. Ma un saggio che vide l’immortalità guardò all’interno di se stesso e trovò la sua Anima.
Lo stolto corre in direzione dei piaceri apparenti e cade nelle trappole della morte che tutto abbraccia. I saggi, al contrario, hanno trovato l’immortalità e non cercano l’Eterno nelle cose che svaniscono.
Questo, attraverso cui noi percepiamo colori e suoni, profumi e baci d’amore; solo attraverso il quale possiamo raggiungere la conoscenza; attraverso il quale possiamo essere consapevoli di qualcosa:
Questo, in verità, è Quello.

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Dimanche

La posterità dell’Adamo terreno fu numerosa e completò (la terra); produsse in se stessa tutte le conoscenze dell’Adamo psichico. Ma (quanto) al tutto era nell’ignoranza.
Allora io proseguo: quando gli arconti videro che egli e quella che era con lui vagavano nell’ignoranza, come gli animali, se ne rallegrarono molto. Ma allorché capirono che l’uomo immortale non solo non li avrebbe trascurati, ma che essi avrebbero temuto anche colei che si era fatta albero, rimasero costernati; dissero: «Non sarà costui il vero uomo che ci ha accecato e ci ha fatto conoscere quella che fu contaminata e gli assomigliava, per poterci vincere?». Tennero allora consiglio i sette (arconti). Andarono timorosi da Adamo ed Eva; dissero a lui: «Tutti gli alberi che si trovano nel paradiso sono stati creati per voi, mangiatene i frutti ma guardatevi dall’albero della gnosi; non mangiatene. Se ne mangerete, morirete». Instillata loro una grande paura, se ne ritornarono alle loro potenze.
Venne, allora, colui che è più saggio di tutti loro, chiamato «la bestia». E quando vide l’immagine della loro madre Eva, disse a lei: – Che cos’è che vi ha detto dio: non mangiate dell’albero della gnosi? -. Lei rispose: «Ha detto: Non solo “non mangiatene”, ma: non toccatelo, affinché non moriate». Egli disse loro: Non abbiate paura! Non morirete. Sappiate infatti che se ne mangerete la vostra intelligenza si desterà e sarete come gli dèi, poiché conoscerete la differenza che c’è tra gli uomini buoni e i cattivi. Essendo invidioso, vi ha detto questo affinché non ne mangiate.
Eva ebbe fiducia nelle parole dell’istruttore. Guardò l’albero, vide che era bello, alto e lo desiderò; prese del suo frutto, mangiò, ne diede pure a suo marito, il quale ne mangiò. La loro intelligenza allora si aprì. Infatti, dopo che ne ebbero mangiato, la luce della gnosi li illuminò. Allorché si vestirono di vergogna, si accorsero di essere nudi e si innamorarono l’uno dell’altra. Quando videro quelli che li avevano plasmati, ne ebbero disgusto, perché avevano forma di animali; essi impararono molte cose.

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