Una mattina, Adamo

È la sveglia del cellulare. È la sveglia del cellulare e devo allungare il braccio per spegnerla. Sono le 7 e 20, realizzo vago, e il sonno che vuole serrare assieme gli occhi e le palpebre è un argomento molto valido, un discorso convincente, persuasivo: devo alzarmi, altrimenti mi riaddormento ed è la fine. E invece mi sono già messo su una strada pessima: mi sono messo a pensare, e i pensieri di un uomo che ha sonno assomigliano al sonno tanto da chiamarlo a loro: desiderano tuffarsi nel sonno, per continuare a parlarsi, evocarsi, rispondersi nella quiete del letto, tanto soffice che scompare a se stessa, questi due cuscini che mi stanno sotto al capo e questa coperta che mi protegge dal freddo della stanza ma non dall’umidità della doccia che si spande per tutta la casa, essendo la casa questa stanza solamente, ed essendo l’acqua, dentro e fuori casa, l’unica realtà che finora non ho visto mancare in questa città, ché piove da quando sono arrivato e un fiume l’attraversa e la doccia schizza sempre dappertutto e l’acqua stagna e quando vado a letto le federe dei guanciali sono umide, o forse non sono umide, forse è a me che sembra tutto umido, ma la mattina mi sveglio con le scapole e il collo indolenziti. La mattina mi sveglio alle 7 e 20 e preparo il caffé e accendo il boiler aspettando che l’acqua si scaldi, e per le 8 cinque minuti in tutto d’acqua calda ce li ho: il tempo di godere il primo getto, poi chiudo il flusso, mi insapono, riapro il flusso e porto via il sapone e conto di godere ancora un poco dopo, ma mentre lascio scivolare via il sapone da in mezzo alle chiappe ecco che si avventa su di me l’acqua fredda e allora è meglio staccare, è meglio uscire e non pensare. Che ore sono? Le 7 e 25. Ho le spalle che mi fanno male e non voglio addormentarmi ma voglio stare qui perché fino alle 8 e 30 non saprò nulla, anzi fino alle 8 e 35. Con uno sforzo della volontà mi sradico dalla coperta e attraverso la stanza saltellando, accendo il boiler, mi rituffo nel letto e mi riavvolgo nella coperta, attendo che passino i brividi. Niente caffè, questa mattina, fa lo stesso

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Svegliami 3

C: -Guarda, te lo dico senza giri di parole: abbiamo preso Luca. Mi spiace.
J: -Luca?!
C: -Luca. È andata così, l’abbiamo già assunto, non prendertela.
J: -Non me la prendo. Però sono sorpreso: Luca è un grafico. Bravo, percarità, ma non riesce a mettere nemmeno gli accenti sulle “è”.
C: -E be’? Mica ci importa che sappia mettere gli accenti sulle “è”: ci importa che sappia tirar su una linea grafica dal niente. Tu ci sai tirar su una linea grafica dal niente?
J: -Ma… ma stavate cercando un editor!
C: -Ah ah ah… Hai ragione.

Svegliami 2

Giorno I

B: -Perché tipo… la F. fa le pulizie. Hai mai provato a chiedere a un’agenzia di quelle che fanno le pulizie?
J: -Sì. Niente.
B: -M. Però la F. dà anche ripetizioni. Hai provato a mettere gli annunci per le ripetizioni?
J: -Sì. Non è andata.
B: -M. La F. con le pulizie al mattino e le ripetizioni al pomeriggio tira su 800 euro al mese.
J: -Buon per lei.
B: -Eh, ma lei si dà da fare.
J: -Più che altro glielo fanno fare.
B: -In ogni caso lei lo fa.
J: -Già.
B: -Ascolta. Ti piacerebbe lavorare nella nostra libreria?
J: -E me lo chiedi?
B: -Indubbiamente tu saresti la persona più adatta per noi.

Giorno II

B: -Eilà. Allora? Rimediato qualcosa?
J: -No.
B: -Ascolta. Ieri non te l’ho detto perché ancora non c’era niente di sicuro. Ma adesso è tutto ufficiale e te lo posso dire.
J: -Dimmi!
B: -Abbiamo preso la F. a lavorare in libreria!
J: -Eh?!
B: -Abbiamo preso la F. a lavorare in libreria!
J: -Eh?!
B: -Poverina, non ce la faceva più: tra le pulizie e le ripetizioni.
J: -"Poverina"?!
B: -Poverina sì! Credi che sia semplice?
J: -O mio dio…
B: -Ts. Tu non ti rendi conto: hai la strada spianata.
J: -O mio dio…
B: -Non te la prendere se te lo dico, ma spesso ti manca il contatto con la vita reale.
J: -O mio…

Il mio regno per una standardizzazione 1 – L’argomento ontologico

-Sono l’operatore per la standardizzazione che hai ordinato.
-Buongiorno.
-Ho dato un’occhiata alla tua cartella, bello mio. Lascia che io ricapitoli la situazione un istante…
-La situazione è drammatica, vero?
-No, non è proprio così. Ti spiegherò perché, ma è importante ricapitolare.
-Bene.
-Dunque, io leggo qui che tu hai una testa da poverino, ma hai quasi sempre e solo studiato, e ormai nemmeno Provenzano ti assume senza una consistente esperienza lavorativa alle spalle.
-Vero.
-D’altro canto non sei stato educato all’intellettualismo snob, e in tutti quei dibattiti sull’arte, la fotografia e il cinema non ci capisci niente.
-Vero.
-Ah ah ah, neanche io… E dimmi, leggo anche che la tua ingenuità ha del subnormale, quindi non si può andare in politica, ché tu mangi solo foglie di radicchio.
-Esatto… E non è forse drammatica una tale situazione?
-Ecco vedi, il punto è proprio questo: non lo è. E questo non è un bene, perché abbiamo qualcosa per le situazioni drammatiche, ogni situazione drammatica è aiutata da ciò che la rende drammatica a non essere più drammatica. Mi capisci?
-Sì.
-Ecco, qui invece è diverso, la tua situazione non è drammatica: sei laureato in una facoltà umanistica ma sei totalmente incapace di parlare di arte fotografia cinema, sai solo obbedire ma nessuno ti assume, la tua mediocrità sarebbe perfetta per la politica ma non sei furbo. Dimmi: tu hai mai visto una persona così a parte te?
-No.
-Ecco. Capisci cosa sto dicendo?
-…
-Sto dicendo che secondo la nostra casistica la tua situazione non esiste. Non ci sono soluzioni per te per il semplice motivo che tu, in quanto caso, non esisti.
-…
-Mi dispiace, ma è così: fattene una ragione.
-…
-…
-Sociale?

Are You Experienced?

Tizio: -…e infine abbiamo scelto una persona che ha maturato una maggiore esperienza nel campo.
Jago: -M. Capisco.
Tizio: -Non mi domanda quello che mi domandano tutti?
Jago: -E cioè?
Tizio: -Quello che mi domandano tutti: come fa una persona senza esperienza nel campo a maturare un’esperienza nel campo se vengono assunte solo persone che hanno già maturato un’esperienza nel campo?
Jago: -Immagino che lei mi risponderebbe che questo è effettivamente un paradosso e tuttavia voi non potete permettervi di rischiare. O no?
Tizio: -Lei è molto acuto.
Jago: -No, affatto, ma ho maturato una lunga esperienza nel campo.

Svegliami 1

J: -Posso farti una domanda?
B: -Hhh…
J: -…
B: -Va bene. Fammi la domanda, su.
J: -Perché hai scelto lui e non me?
B: -Lo sapevo…
J: -Cosa?
B: -Che la domanda era questa.
J: -Sì, effettivamente è questa. Puoi rispondermi?
B: -…
J: -…
B: -Perché… vedi, tu non riesci a capire… Lui se la tira, fa sembrare che ti fa un favore, racconta un sacco di balle su di sé: è il classico tipo stronzo, ti dà insicurezza. Capisci? Si fa desiderare, si sa… vendere.
J: -…
B: -Tu invece ti proponi cortesemente, ti poni per quello che sei, si capisce subito che non stai mentendo… Con te è tutto chiaro, tutto limpido: di uno come te si può essere solo amici.
J: -È questo che dovrei capire?
B: -Vedi? Non puoi capirlo. Eppure chissà quante volte te lo sarai sentito fare ‘sto discorso.
J: -Tante da maledirlo, ma l’ultima volta è stata nel 1997, e a farmelo è stata Rossella, terza liceo classico.
B: -Ecco, vedi allora?
J: -Ma “vedo” cosa? “Vedo” cosa? Siamo nel 2007, tu hai trentasette anni, ti chiami Bartolomeo e hai una ditta di cucine, e hai assunto un altro invece di me perché lui è un coglione, vacca miseria, ti rendi conto?
B: -Tz. Vedi? Non capisci.
J: -Cosa? Cosa “non capisco”?
B: -Non ti stai facendo desiderare, stai sbagliando tutto…
J: -Non ci credo…
B: -…dovresti sorridere, fingere che mi sono perso qualcosa…
J: -Ditemi che non è vero…
B: -…tipo, che so: farti vedere mentre lavori per un altro.
J: -Svegliatemi, per la madonna svegliatemi.

Ecco

Caro J.,
le scrivo in qualità di amministratore dell’Istituto La Casa della Gioia per domandarle quante persone le abbiano telefonato per iscriversi al corso di filosofia che lei terrà presso il nostro Istituto La Casa della Gioia.
Saluti.
L.

Caro L.,
le scrivo per comunicarle che finora non si è iscritto nessuno, tanto che io per primo credevo che i volantini non fossero ancora stati lanciati. Avendo trascorso la primavera e l’estate e buona parte dell’autunno a preparare questo corso, sono piuttosto preoccupato.
Saluti.
J.

Caro J.,
le scrivo per comunicarle che i volantini sono stati diramati dal nostro Istituto La Casa della Gioia da circa una settimana, in numero di ben 200 copie delle quali 120 sono state spedite al collegio dei giovani ingegneri idroelettrici di Pisa in trasferta, mentre 80 sono state inviate agli anziani che seguivano i corsi di computer per anziani. Evidentemente non c’è stato il riscontro sperato.
Saluti.
L.

Caro L.,
credo che sia indispensabile destinare i volantini informativi anche ad altri luoghi: le strade della città, le facoltà – per esempio scienze della formazione e scienze della comunicazione, dato che il corso prevede di analizzare i suddetti temi dal punto di vista della filosofia antica – senza tralasciare biblioteche e palestre, essendo il corso aperto a tutti e studiato per essere di facile accessibilità.
Saluti.
J.

Caro J.,
in qualità di amministratore dell’Istituto Casa della Gioia potrò chiedere alla nostra tirocinante iscritta al corso di scienze della formazione di portare volantini in numero di due o tre, che farò appositamente stampare, presso quella facoltà.
Saluti.
L.

Caro L.,
lasci pur tranquilla la sua tirocinante: verrò personalmente a stampare a mie spese altri volantini e a distribuirli in città.
Saluti.
J.

(Calcio alla sedia, lancio della pila di libri paper e appunti, imprecazione, pugni stretti, occhi chiusi. Squilla il telefono)

-Pronto?
-Pronto…
-Sì, chi parla?
-Io sono Sandro Garelli.
-Buonasera Signor Garelli, cosa posso fare per lei?
-Ecco.
-…
-Ecco. Io leggo qui… aspetti che metto gli occhiali… io leggo qui il volantino della Casa della Gioia “Le strategie dell’anima… filosofia… educazione etica e comunica… comunicazione”.
-Sì.
-Ecco. Io voglio sapere delle cose.
-Certamente: sono qui per questo. Mi dica.
-Ecco. Insomma. Ma questo non è un corso del computer per gli anziani.
-No, Signor Garelli: è un corso di filosofia.
-Ecco. Ma io non voglio mica fare questo corso.
-Non c’è problema Signor Garelli, a sua discrezione.
-Ecco. Ma io avevo detto di mandarmi le cose di quando facevate il corso del computer.
-Capisco Signor Garelli.
-Ecco. Non del corso di filosofia. E cosa diamine me ne frega a me del corso di filosofia? Niente.
-Immagino, Signor Garelli: credo che debba rivolgersi alla Casa della Gioia e chiedere che le siano mandate solo le informazioni relative ai corsi di computer.
-Ecco. Ma ci sono dei corsi del computer che cominciano o no? Eh.
-Non lo so, Signor Garelli, ma può tranquillamente domandarlo alla Casa della Gioia.
-Ecco. Appunto. Insomma. Eh.
-…
-Ecco. Aspetti. Io qui leggo “filosofia”… ma son cose importanti queste, mica si può. Faccia un po’ vedere: “Socrate”… e chi lo sa cosa dice Socrate, no?
-Be’ vede…
-No! Dice pace e volersi bene. Ecco. No?
-…
-Ecco. Mica si può, e chi sa davvero cosa dice Socrate? Nessuno. Son cose serie, queste. Insomma.
-L’insegnante si è laureato con una tesi sulla filosofia socratica, Signor Garelli.
-Ecco. Ma cosa diamine c’entra con il computer? Non c’entra niente.
-Niente, indubbiamente.
-Ecco. Appunto.
-…
-Comunque grazie. Lei è stato molto gentile.
-Grazie a lei, Signor Garelli.
-Ecco.

Clic.

(Rimettere in piedi la sedia, raccogliere i libri e gli appunti, stringerli a sé, chiudere gli occhi, sentire l’amore).