Resa di un recensore di Candida (parte seconda)

Marco Candida, Il bisogno dei segreti

Come ho scritto nella prima parte, Il bisogno dei segreti ha la fisionomia di un campo di indagine morale, e questo soprattutto per il finale, che è un finale che cambia il senso di tutto ciò che è stato raccontato prima; ho scritto che in questo post parlerò del finale, e poi che ne terrò conto nei prossimi post, ma ho anche scritto, «lettore, che il romanzo è talmente intrigante che forse, anche se leggerai i prossimi post, quando aprirai il libro, te lo godrai ugualmente; forse, addirittura, quando aprirai il libro e comincerai a leggere, dimenticherai ciò che sto per dirti».
Nel finale del Bisogno dei segreti, Manuel, l’ex della protagonista Connie, è certo che Connie abbia avuto delle buone ragioni per mettere in atto il suo piano contro le persone che la circondavano, e propone un’interpretazione dell’agire di Connie, un’interpretazione che Connie accoglie. Ora, questa interpretazione si compone di due parti, che sono in effetti due spiegazioni – e Connie le conferma entrambe – ed è di questo dualismo che vorrei parlare, perché mi sembra che in questo dualismo ci sia uno dei segreti del Bisogno dei segreti.

Comincio dalla seconda spiegazione di Manuel perché almeno questa – «hai voluto fare in modo che nessuno di loro provasse per te troppo dolore al momento della tua morte» – e la relativa conferma da parte di Connie sono un segno che sta dopo la storia come un meno sta davanti a una lunga parentesi: il segno meno davanti alla parentesi cambia il valore di tutto ciò che è dentro la parentesi; allo stesso modo la spiegazione che Manuel dà del comportamento di Connie rovescia in positivo il valore delle azioni di Connie. Eppure, è come se una miopia mi impedisse di vedere se quel segno meno davanti alla parentesi c’è davvero: infatti, se provo a guardare sia a questa spiegazione data da Manuel alla fine del romanzo, sia a tutto ciò che nel romanzo è successo prima, ecco che da un lato, il lato di questa spiegazione di Manuel, il male più gratuito possibile è fatto nel nome del bene più gratuito possibile, un bene quasi sovrumano; ed ecco che dall’altro lato, il lato di tutta la storia che precede il finale, questo male mi appare sempre troppo ben fatto, troppo perfetto e troppo perfetta la recita di chi lo compie – ma forse proprio perché è fatto nel nome del bene più gratuito possibile – perché io non mi perda e non mi domandi, anche dopo il finale, quanto davvero sia sincera la conferma di Connie alla spiegazione di Manuel, quanto il finale sia davvero un meno davanti alla parentesi, quanto davvero il male compiuto sia stato fatto a fin di bene. 
Veniamo ora alla prima spiegazione di Manuel: «Insomma è stata solo apparenza. Tu non sei mai stata malvagia. Stavi soltanto seguendo un piano. Disgustare te stessa. Distruggere l’immagine del mondo. Convincerti che in fondo non vale la pena viverci. Che non è così doloroso lasciarlo». Ora, sebbene la chiave di entrambe le spiegazioni di Manuel sia il disgusto, un disgusto che, disgustando tutti, salva sia chi se ne va sia chi rimane, sebbene Manuel faccia seguire le spiegazioni l’una all’altra come se potessero essere vere entrambe, due parti di un’unica coerente interpretazione, e sebbene Connie accolga entrambe le spiegazioni; sebbene accada tutto ciò, a me sembra che, a un primo sguardo e sotto un certo aspetto, le due spiegazioni si escludano a vicenda, e la prima spiegazione acuisce quella mia sensazione di miopia di fronte al segno meno davanti alla parentesi; che forse però non è una miopia mia, ma una magia del testo. A un primo sguardo, dicevo, le due spiegazioni mi sembrano andare in conflitto ed escludersi vicendevolmente, sia dal punto di vista cognitivo sia dal punto di vista dei valori; dal punto di vista cognitivo perché la prima spiegazione si riferisce a un volersi convincere mentre la seconda si riferisce a un disegno lucido, un voler convincere gli altri, che pare non poter non prendere le mosse da una piena coscienza della realtà; dal punto di vista dei valori perché mi appaiono inconciliabili l’egoismo di chi vuole abbandonare la vita come si abbandona qualcosa di disgustoso, e l’altruismo di chi vuole lasciare agli altri un pessimo ricordo di sé affinché gli altri soffrano meno.
Qui secondo me c’è qualcosa sotto; qui, credo, si trova uno dei nodi cruciali del Bisogno dei segreti, e qui si aprono due vie possibili: le chiamerò la via mistica e la via erotanatica, e cercherò di parlarne nella terza parte della Resa di un recensore di Candida.