Lundi

Simone Weil

Perdonare. Non si può. Quando qualcuno ci ha fatto del male, si creano in noi determinate reazioni. Il desiderio della vendetta è un desiderio di equilibrio essenziale. Cercare l’equilibrio su di un altro piano. Bisogna andare da soli fino a quel limite. Là si tocca il vuoto. (Aiutati che il ciel ti aiuta…)

Tragedia di coloro che, essendosi inoltrati per amor del bene in una via dove c’è da soffrire, giungono dopo un certo tempo ai propri confini; e si degradano.

Afferrare (in ogni cosa) che c’è un limite e che non sarà possibile oltrepassarlo senza aiuto sovrannaturale (o, altrimenti, di pochissimo) e pagandolo successivamente con un abbassamento terribile.

Una persona amata che delude. Gli ho scritto. Impossibile che non mi risponda quel che ho detto a me stessa in nome suo.
Gli uomini ci debbono quel che noi immaginiamo ci daranno. Rimetter loro questo debito.
Accettare che essi siano diversi dalle creature della nostra immaginazione, vuol dire imitare la rinuncia di Dio.
Anch’io sono altra da quella che m’immagino essere. Saperlo è il perdono.

Da La pesanteur et la grace, di Simone Weil.
Traduzione di Franco Fortini.

Dimanche

Simone Weil

«Noi crediamo per tradizione, per quanto riguarda gli dèi, e vediamo per esperienza, per quanto riguarda gli uomini, che sempre, per una necessità di natura, ogni essere esercita tutto il potere di cui dispone» (Tucidide). Come un gas, l’anima tende ad occupare la totalità dello spazio che le è accordato. Un gas che si restringesse e che lasciasse un vuoto sarebbe contrario alla legge della entropia. Non succede così col Dio dei cristiani. È un Dio sovrannaturale mentre Geova è un Dio naturale.
Non esercitare tutto il potere di cui si dispone, vuol dire sopportare il vuoto. Ciò è contrario a tutte le leggi della natura: solo la grazia può farlo.
La grazia colma, ma può entrare soltanto là dove c’è un vuoto a riceverla; e, quel vuoto, è essa a farlo.

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Dimanche

Simone Weil

L’idolatria ha origine dal fatto che, assetati del bene assoluto, non si possiede l’attenzione sovrannaturale e non si ha la pazienza di lasciarla sorgere.

In mancanza di idoli, dobbiamo spesso (tutti o quasi tutti i giorni) penare a vuoto. Senza pane sovrannaturale, impossibile sopportare quella pena.
L’idolatria è dunque, nella caverna, una necessità vitale. Anche fra i migliori, è inevitabile che essa limiti strettamente intelligenza e bontà.

I pensieri sono mutevoli, obbedienti alle passioni, alle fantasie, alla stanchezza. L’attività dev’essere continua, tutti i giorni, molte ore al giorno. Sono necessari dunque moventi dell’attività che sfuggano ai pensieri, quindi alle relazioni: idoli, cioè.

Tutti gli uomini son pronti a morire per quel che amano. Differiscono solo per il livello della cosa amata e per la concezione o la dispersione del loro amore. Nessuno ama se stesso.
L’uomo vorrebbe essere egoista e non può. È questo il carattere più impressionante della sua miseria e l’origine della sua grandezza.
L’uomo si vota sempre a un ordine. Però, salvo illuminazione sovrannaturale, quell’ordine ha per centro o se stesso, o un essere particolare (che può essere una astrazione) nel quale egli si è trasferito (Napoleone per i suoi soldati, la Scienza, il Partito, ecc.). Ordine prospettico.

Non dobbiamo acquistare l’umiltà. L’umiltà è in noi. Soltanto, ci umiliamo dinanzi a falsi dèi.

Simone Weil, “Idolatrie”, La pesanteur et la grace.
Traduzione di Franco Fortini.