Lupi del bosco orientale – L’outro

Il pezzo declamato in chiusura al concerto-reading con i Lupi del bosco orientale.

Stella Rossa, il valoroso compagno d’acciaio

Non sapevamo cosa fossero i Disinfestatori. Se fossero automi, o forme di vita meccanica, o droidi pilotati a distanza, o pilotati dall’interno, da uomini, o da esseri che somigliano a uomini, o da esseri che non somigliano a uomini, se venissero da un altro paese, da un altro pianeta, o se non venissero né da un altro paese né da un altro pianeta. Non sapevamo nulla. Quelli che riuscivamo a distruggere esplodevano, quelli che riuscivamo a catturare si facevano esplodere, di essi non rimanevano che frammenti di una lega metallica nera composta di tungsteno, molibdeno e ferro.
Quando il professor Skoro mi scelse per pilotare il soldato d’acciaio Stella Rossa e il mio addestramento cominciò, erano trascorsi tre anni dalla morte del Maresciallo Tito e due anni dal pomeriggio di febbraio durante il quale i Disinfestatori erano scesi dal cielo sulle città dell’Europa e avevano aperto le bocche di fuoco dei loro lanciafiamme a petrolio; il pomeriggio di febbraio in cui avevo visto Spalato trasfigurarsi in un panico di creature incendiate, mentre, contro le nubi striate di viola, si fondeva e colava la gigantografia del Maresciallo.

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Lupi del bosco orientale – L’intro

Lupi el bosco orientale – Intro
Il pezzo letto in apertura al concerto-reading con i Lupi del bosco orientale.

Quando scoprimmo la Terra – così chiamavano quel pianeta i suoi abitanti – la sua civiltà era crollata da un paio di secoli, e il suo popolo quasi estinto. I sopravvissuti erano per lo più ridotti allo stato selvatico. Su una montagna dell’emisfero australe conoscemmo un uomo, ci disse di essere un sacerdote e che riteneva sua missione conservare la memoria di ciò che il popolo della Terra era stato, e di come e perché fosse giunto all’autodistruzione.
Ci mostrò la sua biblioteca: milioni di file di testo.
Gli domandammo cosa contenessero. Ci rispose che erano metafore.
Voi sapete cos’è una metafora? ci domandò.
Lo sapevamo, e volevamo sapere perché conservasse solo metafore: non ci sono libri di scienza, qui? domandammo, storie vere? Manuali?
No, rispose, quelli non ci sono mai mancati. A dire il vero nemmeno queste, aggiunse indicando le cartelle sulla parete-schermo, solo che a un certo punto nessuno è stato più in grado di leggerle.
Gli domandammo se una qualche epidemia cognitiva avesse colpito il suo popolo rendendolo incapace di esercitare la lettura.
Qualcosa del genere, rispose. È successo che abbiamo cominciato a non capire più, cosa fosse una metafora; romanzi di fantascienza, trattati di teologia, poemi: tutto ciò che non poteva essere identificato con uno stato di cose materiale, visibile e documentabile là fuori, venne declassato a inutilità e danno. Avevamo una storia bellissima, pensate, di un uomo che percorreva l’inferno, il purgatorio e il paradiso, possedeva un valore analogico notevole; ebbene cercarono invano sulla Terra l’inferno, il purgatorio e il paradiso, senza trovarli, e invece che comprendere meglio quell’opera, non la compresero più, e divennero come bruti. E così l’Inferno lo creò questo popolo che riduceva il reale al controllo del territorio.
E dunque, domandammo, cosa accadde allora?

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