Le scuole teobaldiane – parte seconda

I calicantiani

Cézanne, Case sul bordo di una strada

Qui la prima parte di “Le scuole teobaldiane”

Non mi è particolarmente difficile incontrare l’esponente più autorevole dei calicantiani, Marta da Castelfidardo (intendendosi con Castelfidardo la via principale del Ghetto di Pesaro), dato che frequentiamo la stessa mente e abbiamo, grazie al cielo, gli stessi orari. Chiedo a Marta di parlarmi un poco della distanza che separa i calicantiani dai neoteobaldici.

– Siderale distanza, sicuramente. Non abbiamo mai capito certi tipi psicologici e le loro manie, troviamo angusti i loro immaginari; crediamo di guardare le cose con il giusto metro; non riteniamo corretto divinizzare un autore, non lo riteniamo corretto dal punto di vista dello studio né dal punto di vista morale: rispetto al primo, si rischia di non comprendere la sua costante ricerca, di ridurre la sua opera a una monumentale esposizione di un sistema fatto e finito; insomma, pensi a cosa si è fatto con Platone, come ha giustamente osservato Mario Vegetti. E poi, come dicevo, la divinizzazione dei grandi è scorretta anche sul piano morale: se escludi dal genere umano chi è capace di grandi cose, di fatto sminuisci il genere umano.

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Le scuole teobaldiane – parte prima

I neoteobaldici

Heikenwaelder Hugo, Universum, 1998
Heikenwaelder Hugo, Universum, 1998

Qui la seconda parte di “Le scuole teobaldiane”

Nella mia testa accadono di consueto cose inconsuete. Per esempio: nella mia testa esistono due scuole filosofiche che disputano sulla corretta interpretazione dell’opera di Paolo Teobaldi. La più antica di queste due scuole filosofiche, la scuola neoteobaldica, è una sètta d’ispirazione mistica; secondo i neoteobaldici l’opera di Paolo Teobaldi è la raffigurazione della totalità dell’Essere: una raffigurazione in fieri, perché ogni nuovo romanzo di Paolo Teobaldi che viene pubblicato rappresenta un piano dell’Essere rimasto nascosto fino a quel momento. Considerando cronologicamente l’opera di Paolo Teobaldi, dunque, i neoteobaldici ricostruiscono una struttura dell’Essere a sfere concentriche, che comincia dal centro dell’Essere, un nucleo oscuro e senza determinazione, e da lì si irradia progressivamente, sfera dopo sfera.

Il nucleo dell’Essere, per i neoteobaldici, è Scala di Giocca, il primo libro di Teobaldi, oscuro e insondabile. Oscuro e insondabile perché io non ho mai letto Scala di Giocca e, dato che i neoteobaldici vivono nella mia testa, per essi il nucleo dell’Essere è ineffabile, su di esso non si può dire nulla, è indeterminato, appunto, oscuro e insondabile. Il titolo stesso, Scala di Giocca, sarebbe un’espressione senza senso atta a rappresentare l’ineffabilità del principio (in realtà Scala di Giocca è una località in Sardegna, ma cerco di dimenticarmene per non privare i neoteobaldici della loro convinzione).

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Sampling Teobaldi I

Non voleva passare la vita accoppiato con un art director, neanche col più bravo di tutta Milano, perché non avevano pace e non lasciavano aver pace. Saltavano da un capo all’altro dello scibile umano e della storia dell’arte, conosciuta in senso visivo, da uno stile all’altro, come se la parola non significasse e non avesse significato mai molto. I grafici parlavano con le figure. Non aveva mai avuto il coraggio di dirglielo ma era convinto che il loro peso nel mondo dell’advertising e della comunicazione fosse sproporzionato. L’uomo aveva impiegato secoli, millenni, per passare dai graffiti ai geroglifici e finalmente al logos: e adesso loro nel giro di pochi anni erano riusciti a tornare indietro: al segno, alle figure, e se ne vantavano! Anche se, doveva ammetterlo, la P della Pirelli e la M della metropolitana lo commuovevano sempre: come la F del Caffè Foschi.
Se le cose fossero andate male, avrebbe sempre potuto tornare indietro. Ma le cose non potevano andare male, il mondo della produzione tirava, tutto tirava.

Paolo Teobaldi, Il padre dei nomi