Figli di un discorso minore

Hugo Heikenwaelder, Universum, 1998

Scrive Enrico Franceschini su Repubblica, a proposito del nuovo libro di Hawking, The Grand Design:

[…] l’autore del best-seller internazionale Dal Big Bang ai buchi neri sostiene, sulla base di nuove teorie, che “l’universo può essersi creato da sé, può essersi creato dal niente” e dunque “non è stato Dio a crearlo”.

Ora, a parte che mi lascia sempre un po’ inquieto sapere che uno Hawking si sveglia una mattina e dice “Non fu Dio a creare l’universo!” come è capitato a me su per giù a dodici anni – e che un Dawkins scrive l’ottimo L’orologiaio cieco con il serio intento di confutare il creazionismo, e che una Hack si agita per argomentare che attorno al Sole non orbita una teiera –, ma quanto ci costa in termini concettuali una divulgazione di questo livello? Dalla fisica, la fede e la spiritualità hanno ben poco da temere, e anzi: ne usciranno ripulite dagli idoli che riposano il settimo giorno. Affermazioni come “l’universo si è creato dal niente” perché il Big Bang fu “una conseguenza inevitabile delle leggi della fisica” mettono a rischio piuttosto l’attrezzatura filosofica media della popolazione: il pericolo insito nell’assimilazione massiva del pressapochismo concettuale è quello di non comprendere più il significato di termini come “nulla” ed “essere”, o non cogliere più la differenza tra fisica e ontologia; e una tale trasformazione dei concetti in idoli fisici può non essere propriamente un elisir per le nostre facoltà logiche e cognitive.