Sette plugin indispensabili al cervello

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L'interfaccia di installazione dei plugin

È sempre più importante, a fronte della grande quantità di input cui la rete sociale ci sottopone, rendere stabili i nostri cervelli; per questo motivo ho deciso di scrivere questo post sui plugin che ritengo davvero indispensabili per avere un cervello ottimizzato. Naturalmente i plugin che ho preso in cosiderazione sono tutti disponibili su supporto book, a pagamento nelle librerie fisiche e on-line, oppure gratuitamente nelle biblioteche fisiche della vostra città, dove potrete prenderli in prestito e restituire il supporto dopo aver caricato le informazioni nei vostri cervelli.

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E il legno senza radici

Il 13 febbraio, cioè il giorno di Se non ora quando, Eugenio Scalfari ha scritto qui: «A noi non importano molto i peccati perché siamo libertini illuministi e relativisti. A noi importano gli eventuali reati e chi pecca e crede confidi nella misericordia di Dio».
Si è già detto qui del sostanziale accordo tra la seconda parte di una simile dichiarazione e la metafisica ratzingeriana: entrambe poggiano sull’assunto che sia impossibile rinvenire una scala di valori al di fuori della religione, e in particolare di una religione basata su una teologia volontarista. Se non fa notizia il relativismo di Scalfari, fa un certo effetto leggere una dichiarazione del genere – «a noi importano gli eventuali reati» – in una giornata come quella del 13.

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Un altro maschio è possibile (1)

Ciccone, Essere maschi

«Mi accorgo che la riflessione sul maschile è ormai per me quasi un’ossessione che mi impedisce di guardare il mondo con occhi “innocenti”. Mi è impossibile osservare una manifestazione, un servizio giornalistico sulla guerra, un’assemblea, senza notare come agisca una dinamica “virile”, una richiesta di appartenenza, una delega al gruppo in nome di un’emergenza rappresentata dal nemico esterno, una proposta di fedeltà a una storia comune. Non posso fare a meno di accorgermi che su un palco o in una sala riunioni sono tutti uomini, non riesco a osservare con indulgenza i maschi che nei cortei si mettono davanti agli striscioni gridando gli slogan con il megafono o l’eccitazione con cui fronteggiano virilmente la polizia e gli avversari politici. Così nella mia vita professionale non posso più fare a meno di percepire come insostenibili i comportamenti che affermano l’autorità, che ricercano complicità maschili in un giudizio su una collega o usano le competenze e i risultati come strumenti di una gara di misura della propria virilità.

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Il discorso dell’altro

Io il “delizioso contrappasso” di cui parla Federica Sgaggio un po’ lo vedo. Ma non da qui, sia chiaro: lo vedo, per così dire, dal futuro. Immaginando il futuro, e immaginando che Berlusconi sia stato condannato, e che il fato abbia voluto che a giudicarlo fossero tre donne, riconosco alla storia un certo sapore mitologico. Ma chiaramente il piano simbolico e il piano delle ragioni rimangono e devono rimanere separati, quindi sono d’accordo con Federica quando scrive:

Possibile che tre donne non possano essere in disaccordo fra loro? Poiché son donne son tutte fieramente compatte?

Credo che ciò sia un sintomo di quanto scrivevo tempo fa in merito all’assunzione indebita che si fa, da una parte e spesso anche dall’altra, in relazione ai motivi per l’azione:

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La soluzione dello sguardo (in discesa e risalita)

C’era un pezzo molto bello e vero di Ferdinando Camon, intitolato Noi e le rivoluzioni arabe, che purtroppo non trovo più in rete.
Devo dire che lì per lì la chiusa mi aveva lasciato perplesso:

Ma chi ha rivelato ai popoli arabi, che adesso si agitano, le storture del loro sistema politico? Gli emigranti che tornano, le tv straniere, la rete di Internet, l’informazione estera. Il modo in cui ci vediamo noi, da soli, non ci dice come siamo. Dobbiamo capire come ci vedono gli stranieri. I loro giornali, le loro tv, i loro politici, i loro inviati, i loro scrittori. Ci serve uno specchio, per vederci in faccia. E se vedessimo la nostra faccia come la vedono gli stranieri, cercheremmo subito di cambiarla.

Però, per essere sicuri che “cercheremmo subito di cambiarla”, bisognerebbe sapere cosa leggerci, in quel “come la vedono”, se la semplice visione o anche la sensibilità e il pensiero che interpretano la visione.

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Facciamo che ci siamo svegliati

Non è un film su Berlusconi, ma è arrivato il momento di seppellirli con una risata.
Giulio Manfredonia parlando di “Qualunquemente” (leggi l’articolo)

È arrivato il momento di, davvero, ridere di questo.
Antonio Albanese riferendosi a non tutti i politici italiani (guarda il video)

Il giorno dopo Berlusconi, non ci sarà un post–berlusconismo. Ci sarà solo un paese, ci si sveglierà e inizierà una nuova giornata raccontandosi un sogno che non è diventato realtà. E forse avremo anche la forza, ripensandoci, di riderci un po’ su…

Così scrive Filippo Rossi in un articolo che non trovo più in rete (discutendo, tra le altre cose, del mimetico film di Albanese e Manfredonia, sul quale forse c’è da riflettere più di quanto mi pare si stia riflettendo).
Ma ci sto: immaginiamo di svegliarci, come dice Filippo Rossi, facciamo che un giorno ci siamo svegliati. Facciamo che tutto questo è finito, che siamo nell’Italia delle lenzuola fresche di bucato appese ai fili dei terrazzi, l’Italia del vociare innocente, dei gerani sui balconi, degli spaghetti gettati nell’acqua limpida, dei tetti rossi di tegole, delle rondini, una seconda repubblica nata dal sacrificio di Falcone e Borsellino, dall’ottimismo progressista post-mani pulite, da “Avanzi”, dalle posse, dai film di Salvatores, dalla rai de “I ragazzi del muretto”; insomma: facciamo che improvvisamente ci siamo risvegliati in un universo parallelo, l’altro ramo della biforcazione, l’altra storia che poteva svilupparsi dal 1993 (perché non credo che Filippo Rossi intenda dire che ci risveglieremo nel 1993). Facciamo anche finta, dunque – affinché si possa pensare davvero che ci siamo destati da un sogno, come vuole Filippo Rossi –, che la Lega Nord sia un minuscolo, irrilevante partito di fanatici; che ci siano lavoro e diritti per tutti; che il G8 di Genova non sia andato come è andato.

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Dichiarazione politica

Essere berlusconiani non è avere in tasca la tessera del PDL. È la riduzione del linguaggio a superficie, e poi la sua stratificazione a oltranza; è ridere, nel linguaggio, dei corpi mercificati.

Essere antiberlusconiani non è andare al noBday, guardare Vieni via con me. Essere antiberlusconiani è rendere ragione e sentimento, è pretendere il riconoscimento della realtà logica e assiologica.

Fenomeni linguistici incontrollabili

Roberta De Monticelli, La questione moraleIl saggio di Roberta De Monticelli, La questione morale, ha il merito non irrilevante di offrire una ricognizione sui costumi di casa nostra – si parte da Guicciardini, si passa per Leopardi, si arriva a Corona e Ratzinger, a Bobbio e Zagrebelsky – portandone alla luce i presupposti filosofici, psicologici, culturali e politici, per porli all’attenzione di un lettore non necessariamente specializzato in filosofia e che però sia interessato, appunto, alla questione morale; l’operazione riesce, anche grazie al sostegno di una struttura semplice e chiara, in tre parti: “Male nostrum”, “Lo scetticismo etico” e “Tornare a respirare”, ovvero le radici del male, un falso rimedio che è parte del problema, e il rimedio reale.

Questo libro è soprattutto un gesto: da queste parti, infatti, non è per nulla scontato che la politica abbia qualcosa a che fare con la morale, e nemmeno che la morale possa essere oggetto di una riflessione in ambito morale. Si percepisce l’urgenza di estendere al di là delle pareti dell’accademia la discussione su temi che sì, sono tipicamente demonticelliani (assiologia fenomenologica, relativismo, nichilismo, decisionismo), ma che altresì rappresentano una strumentazione necessaria qualora si voglia realmente comprendere la nostra vita sociale e politica*; perché tanto si dice, di tanto si parla, ma ciò che sembra sempre sistematicamente fuori dal discorso sono le connessioni concettuali che il discorso implica, e il vocabolario necessario a dirimerle.

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L’ira dei giusti

Di solito, quando segnalo un post, o un articolo o, come in questo caso, un commento, ne prendo un brano particolarmente rappresentativo o che mi ha particolarmente colpito, lo riporto su Yattaran e metto il link al pezzo integrale.
Di questa risposta di Roberta De Monticelli all’articolo che Marcello Veneziani ha dedicato, sul “Giornale”, all’ultimo libro di De Monticelli, La questione morale, non ho saputo quale parte scegliere.

Telefono casa (un dialogo di Nicola Ciccoli)

– Ciao Nicola, come stai?
– Ciao Babbo. Diciamo bene.
– Ho visto alla televisione la protesta dell’Università. Tu non sei sul tetto?
– Fa conto che ci sia. Dipendesse solo da me sarei salito anche sul Quirinale.
– Ma la Gelmini diceva che la sua legge è a favore del merito, contro i baroni, per la qualità. Mi sembrano cose giuste. Non è quello che hai sempre detto anche tu?
– Sì babbo, è quello che ho sempre detto anche io.
– E allora cosa state sempre a protestare?
– Fammi spiegare Babbo. Iniziamo da questo. La Gelmini ha detto che ha aumentato i soldi per l’Università, vero?
– Proprio così.
– Ecco. Se io ti tolgo 1000 euro e poi dopo dieci mesi te ne ridò 800 tu sei più ricco o più povero? Lo chiameresti un aumento o un taglio?
– Ha fatto questo?

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