La guerra di Ypsilanti

Da Quei tre Cristi in manicomio, alla fine si arrese il medico di Elena Dusi:

I tre Gesù dell’esperimento – tutti con una diagnosi di schizofrenia paranoica – erano Clyde Benson, un contadino settantenne con il vizio della bottiglia, Joseph Cassel, 58 anni, scrittore fallito, ricoverato dopo aver picchiato i familiari e Leon Gabor, 38 anni, un veterano della seconda guerra mondiale, quello su cui il medico riponeva più speranze. “Sono Dio”, si presentò il primo. “Ho creato Dio”, specificò il secondo. “Sul mio certificato di nascita è scritto che sono la reincarnazione di Gesù di Nazareth”, fu più preciso Gabor. I tre per un periodo di due anni furono messi a dormire nella stessa stanza, condivisero i pasti e i turni di lavoro nella lavanderia dell’istituto.

Qui l’articolo intero.

Un altro maschio è possibile (1)

Ciccone, Essere maschi

«Mi accorgo che la riflessione sul maschile è ormai per me quasi un’ossessione che mi impedisce di guardare il mondo con occhi “innocenti”. Mi è impossibile osservare una manifestazione, un servizio giornalistico sulla guerra, un’assemblea, senza notare come agisca una dinamica “virile”, una richiesta di appartenenza, una delega al gruppo in nome di un’emergenza rappresentata dal nemico esterno, una proposta di fedeltà a una storia comune. Non posso fare a meno di accorgermi che su un palco o in una sala riunioni sono tutti uomini, non riesco a osservare con indulgenza i maschi che nei cortei si mettono davanti agli striscioni gridando gli slogan con il megafono o l’eccitazione con cui fronteggiano virilmente la polizia e gli avversari politici. Così nella mia vita professionale non posso più fare a meno di percepire come insostenibili i comportamenti che affermano l’autorità, che ricercano complicità maschili in un giudizio su una collega o usano le competenze e i risultati come strumenti di una gara di misura della propria virilità.

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Il discorso dell’altro

Io il “delizioso contrappasso” di cui parla Federica Sgaggio un po’ lo vedo. Ma non da qui, sia chiaro: lo vedo, per così dire, dal futuro. Immaginando il futuro, e immaginando che Berlusconi sia stato condannato, e che il fato abbia voluto che a giudicarlo fossero tre donne, riconosco alla storia un certo sapore mitologico. Ma chiaramente il piano simbolico e il piano delle ragioni rimangono e devono rimanere separati, quindi sono d’accordo con Federica quando scrive:

Possibile che tre donne non possano essere in disaccordo fra loro? Poiché son donne son tutte fieramente compatte?

Credo che ciò sia un sintomo di quanto scrivevo tempo fa in merito all’assunzione indebita che si fa, da una parte e spesso anche dall’altra, in relazione ai motivi per l’azione:

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Facciamo che ci siamo svegliati

Non è un film su Berlusconi, ma è arrivato il momento di seppellirli con una risata.
Giulio Manfredonia parlando di “Qualunquemente” (leggi l’articolo)

È arrivato il momento di, davvero, ridere di questo.
Antonio Albanese riferendosi a non tutti i politici italiani (guarda il video)

Il giorno dopo Berlusconi, non ci sarà un post–berlusconismo. Ci sarà solo un paese, ci si sveglierà e inizierà una nuova giornata raccontandosi un sogno che non è diventato realtà. E forse avremo anche la forza, ripensandoci, di riderci un po’ su…

Così scrive Filippo Rossi in un articolo che non trovo più in rete (discutendo, tra le altre cose, del mimetico film di Albanese e Manfredonia, sul quale forse c’è da riflettere più di quanto mi pare si stia riflettendo).
Ma ci sto: immaginiamo di svegliarci, come dice Filippo Rossi, facciamo che un giorno ci siamo svegliati. Facciamo che tutto questo è finito, che siamo nell’Italia delle lenzuola fresche di bucato appese ai fili dei terrazzi, l’Italia del vociare innocente, dei gerani sui balconi, degli spaghetti gettati nell’acqua limpida, dei tetti rossi di tegole, delle rondini, una seconda repubblica nata dal sacrificio di Falcone e Borsellino, dall’ottimismo progressista post-mani pulite, da “Avanzi”, dalle posse, dai film di Salvatores, dalla rai de “I ragazzi del muretto”; insomma: facciamo che improvvisamente ci siamo risvegliati in un universo parallelo, l’altro ramo della biforcazione, l’altra storia che poteva svilupparsi dal 1993 (perché non credo che Filippo Rossi intenda dire che ci risveglieremo nel 1993). Facciamo anche finta, dunque – affinché si possa pensare davvero che ci siamo destati da un sogno, come vuole Filippo Rossi –, che la Lega Nord sia un minuscolo, irrilevante partito di fanatici; che ci siano lavoro e diritti per tutti; che il G8 di Genova non sia andato come è andato.

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Radio Genica 1 e ½. Dire le cose

Pesaro, Genica
Pesaro, foce del Genica, particolare

Ho sentito dire – in giro, al bar, in rete – che in parlamento, il giorno della fiducia, “Di Pietro le ha cantate a Berlusconi”, che “Di Pietro ha detto le cose come stavano”. “Di Pietro distrugge Berlusconi” recita il titolo di un ormai noto video (link tolto, causa scomparsa del video, NdJ), ovvero: Di Pietro chiama Berlusconi “stupratore della democrazia”, “spregiudicato illusionista, anzi: pregiudicato illusionista”.
Un paio di giorni fa Vendola (cioè lo staff di Vendola) ha pubblicato sul suo profilo Facebook queste parole: “Il lavoro fondamentale da fare è lo scavo nel suolo delle parole. Il centro sinistra oggi è un palcoscenico che non ha parole”. Molti commentatori hanno contestato questa dichiarazione.

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Due universi

Raffaello Sanzio, La scuola di Atene, particolare
Raffaello Sanzio, La scuola di Atene, 1509-1511, particolare

Asophia, commentando questo post, in merito all’ipotesi tipografica (che non è l’ipotesi casa editrice a pagamento), dice di credere che vi sia una bella dif­fe­renza tra scri­vere su un blog e “scrivere un libro che verrà editato (nel senso di “pubblicato”, NdJ), per l’aspetto cartaceo in sé, per avere tra le mani la propria creatività e annusarne le pagine e la bellezza di sfogliarle”.
Lì per lì stavo per rispondere con un altro commento; mentre scrivevo, però, mi sono accorto che avvertivo una certa difficoltà nell’esprimere il mio pensiero, e ho deciso che sarebbe stato più onesto scrivere un post, perché un commento è meno esposto.
Mi rendo conto di avventurarmi in un territorio delicato; non si parla più di case editrici a pagamento e quindi (forse) non si parla più di acquisto di titoli nobiliari. La questione è (forse) più sottile e tocca la sensibilità di chi si senta chiamato in causa, da una parte e dall’altra. Ciò che vorrei provare a fare è tratteggiare una differenza tra due universi che mi pare di vedere, ma posso farlo solo partendo dalle mie sensazioni, e dunque non è detto che nella descrizione delle mie sensazioni, che userò per tratteggiare questa differenza, possano ritrovarsi coloro che stanno da “questa parte”, non solo perché è possibile che essi stiano da “questa parte” con tutt’altri pensieri e sentimenti, ma anche perché è possibile che, per alcuni di loro, “questa parte” sia quella di chi non pubblicherebbe per una casa editrice a pagamento, e non quella, come è per me, di chi non pagherebbe per pubblicare. In ogni caso ringrazio Asophia per il suo commento, senza il quale non avrei avuto modo di scrivere questo post.

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Egemonia e grandi narrazioni

Il Joker, l'egemonia, le grandi narrazioni
Clicca per leggere due tavole su egemonia e grandi narrazioni

Le due tavole sono tratte da Batman: The Killing Joke, di Alan Moore e Brian Bolland, DC Comics 1988, pubblicato per la prima volta in Italia da Rizzoli in allegato al numero 76 di “Corto Maltese”, nel 1990. Attualmente The Killing Joke è edito da Planeta DeAgostini.

Trecento Gundam

La madre butta via i Gundam. Lui (ormai trentenne) incendia la casa
Clicca sull’immagine per leggere l’articolo

Immaginiamo titoli alternativi per questo articolo del Corriere della Sera: La madre butta via i Gundam, trentenne incendia la casa. La madre butta via i Gundam, otaku incendia la casa. La madre butta via i Gundam, lui incendia la casa. La madre butta via i modellini, uomo incendia la casa. La madre butta via i modellini, collezionista incendia la casa. La madre butta via i Gundam, collezionista incendia la casa.

Suggeriva l’altra sera il mio amico Fabio: “Avrebbero scritto ormai trentenne, e tra parentesi poi, se si fosse trattato di modellini di Valentino Rossi?”.

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L’amor che move l’analfabetismo

Goya, Piccoli giganti, 1791
Francisco Goya, Piccoli giganti, 1791

Ciò che non mi convince, in certi discorsi che sento sull’editoria a pagamento, è il riferimento all’ingiustizia del trattamento riservato all’autore, al raggiro, allo sfruttamento di un sogno. Mi domando: raggiro di chi? E soprattutto: che tipo di sogno?
È il cuore che muove la conoscenza, dice Scheler: quanto più mi sta a cuore una cosa, tanto più la conosco, e non solo nel senso che l’amore rende il mio sguardo più fine, ma anche, nel senso più banale, che, se un argomento mi interessa, di quell’argomento mi interesso. Chiunque – non bravo, bravo, geniale – ami la letteratura può entrare oggi in contatto con decine di blog che di letteratura trattano, e, se la letteratura gli interessa davvero, lo fa. Allora non ci vorrà molto a capire, data la mole di post sul soggetto, come funziona l’editoria a pagamento, e che non è etica, non ti promuovono, non ti fanno l’editing, poi c’hai uno stigma sociale quindi non ti conviene, è un raggiro etcetera.
Raggiro. Va bene: raggiro. Rispetto questi discorsi perché so che sono a loro volta mossi dal rispetto per le persone, ma non riesco a non vedervi l’ennesimo esempio di riduzionismo della sfera etica alla legalità, di ciò che è giusto o bello a ciò che è legalmente lecito, una riduzione che infine si ribalta in una difesa del diritto del lavoratore/consumatore (l’autore a pagamento sembra essere insieme consumatore e lavoratore in modo curioso). Questo atteggiamento di riduzione, che non si manifesta nei confronti delle case editrici a pagamento, le quali vengono stigmatizzate anche se si muovono nella legalità, tende a non considerare l’aspetto più imbarazzante della situazione di chi con le case editrici a pagamento pubblica. Certo, ognuno è libero di fare quello che gli pare nei limiti consentiti dalla legge, e grazie al cielo, ma non è detto che tutto ciò che è consentito dalla legge sia bello. E magari sta lì a dirci qualcosa.

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Persona e personaggio

Orfeo e Euridice
Camille Corot, Orfeo guida Euridice fuori dall’Oltretomba, 1861

Qualcuno disse che Orfeo il cantore abbia preferito perdere la “persona” Euridice, labile esistenza transeunte, in nome del “personaggio”, soggetto eterno di trasfigurazione poetica. Ritenendo magari, chissà, che la fama imperitura val bene una morte precoce. Non la pensa così il greco Achille però: ad Ulisse che lo consola negli Inferi rammentadogli come la sua morte in giovane età sia il presupposto di una gloria senza fine, risponde che un’eternità di gloria non vale un minuto di vita trascorsa alla luce del sole, fosse anche da schiavo. Meglio persona viva, anche per poco, che personaggio.
Oggi la questione è ancora più complicata. Il reality sta facendo saltare paletti ed equilibri faticosamente costruiti tra realtà e poesia, verità e rappresentazione. La stessa figura dell’artista e dello scrittore ne risente, perdendo l’ultima parvenza di “aura”.

Qualcuno, ad esempio, non esita a chiamare i propri personaggi, tratti brutalmente dalla vita di tutti i giorni, con il loro nome di persona, riportando esattamente parole, riflessioni, confidenze tali e quali furono ingenuamente affidate all’orecchio avido dello scrittore.
Altri, poiché la scrittura è terapeutica, utilizzano le loro pagine per beffeggiare nemici, ex amanti, concorrenti. Nomi e circostanze possono mutare, ma i segni perché qualche accorto lettore possa riconoscervi i soggetti storici ci sono. Ogni riferimento a persone o fatti realmente accaduti è insomma ammesso e anzi suggerito. Di solito è la scrittura di chi simula sotto un’apparenza di sdegno il puro risentimento. La rappresentazione distorta dell’altro è vissuta come curativa e appagante. Uno sfogo cattivo. Oggi però si chiama Reality book.
L’artista, insomma, è in generale uno con il pelo sullo stomaco? E l’arte è di sua natura spudorata?

L’articolo Scrittori e Vampiri di Roberta Borsani si trovava su Doctor Blue e Sister Robinia.