Zambot 3: la luna di Tomino

La famiglia Jin è approdata sulla Terra trecento anni fa in seguito alla distruzione del pianeta Biar da parte delle armate dei Gaizok. Ora i Gaizok attaccano la Terra. Kappei, Uchuta e Keiko sono tre giovanissimi Jin cresciuti per pilotare i tre moduli dello Zambot 3, il robot che difenderà la Terra dai Gaizok. Al di là dell’odio dei terrestri nei confronti dei Jin, ritenuti a torto causa dell’invasione (che peraltro è un motivo già presente in Kyashan), il canovaccio di Zambot 3 (Yoshiyuki Tomino, 1977) è a prima vista privo di qualunque originalità; le animazioni sono faticose, i disegni spartani; il mondo di Zambot è rudimentale, fatto di mare aperto o montagne rocciose. Un elemento particolarmente fastidioso poi è la rappresentazione dei Gaizok: il luogotenente Butcher entra sempre in scena con una risatina mefistofelica; le buffonate nella nave nemica sono patetiche, talvolta imbarazzanti.
Eppure a metà serie, all’improvviso, mentre stai per addormentarti, ecco che i Gaizok si travestono da protezione civile e cominciano a radunare profughi terrestri in campi di accoglienza fasulli. In questi campi i Gaizok operano i profughi installando nel loro corpo bombe a orologeria; dopodiché cancellano loro la memoria e li liberano. L’unico segno che distingue le bombe umane è una piccola stella viola sulla schiena, dove il diretto interessato non può vederla.
Tomino non si limita a raccontare questa storia, né a mostrare individui che all’improvviso esplodono. Entra nella vita dei personaggi e mette in scena la disperazione.

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