L’altro me (bonus)

Pubblico, in una serie di post, l’intervento al Pesaro Comics & Games 2014.
(La prima parte, la seconda, la terza, la quarta, la quinta, la sesta, la settima, l’ottava, la nona, la decima, l’undicesima, la dodicesima, la tredicesima, la quattordicesima, la quindicesima, la sedicesima, la diciassettesima, la diciottesima e la diciannovesima)

L’altro me – l’avversario nell’animazione robotica classica

Hayato Jin (Getter Robot – Toei, 1974)
Hayato Jin (Getter Robot – Toei, 1974)

In Combattler, il professor Stevens, lo scienziato che controlla la base, sul banco del computer della sala di controllo ha gli indicatori della risposta psichica dei cinque piloti: per condurre a buon fine l’agganciamento delle navette e formare Combattler, i piloti devono dare un assenso, e la convinzione di questo assenso è misurata attraverso dei contatori, simili a quelli della pressione, che devono raggiungere il massimo. Ebbene, i contatori sono disposti verticalmente, in basso c’è quello corrispondente al ragazzino della squadra, sopra c’è quello della ragazza, e sopra quello del grosso, e però gli ultimi due contatori, quello dello smilzo e quello dell’eroe, sono disposti orizzontalmente: lo smilzo a destra e l’eroe a sinistra (e sintomaticamente, al primo agganciamento, sono loro a porre il problema, dovuto presumibilmente alla loro rivalità).

Nel secondo episodio la strana struttura che sostiene i contatori si alza, parla e si muove: è un robot, si chiama molto amabilmente Robotto e ha il compito di sintonizzare le onde cerebrali dei piloti; mentre i contatori del resto della squadra sono disposti sul tronco, i due contatori dell’eroe e dello smilzo sono gli occhi di Robotto.

Al termine del post tornerò sul carattere di alter-ego dell’eroe, di altro me al di qua del varco, che contraddistingue lo smilzo; prima cercherò di individuare il suo carattere e la sua area simbolica.

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L’altro me (parte dodicesima)

Pubblico, in una serie di post, l’intervento al Pesaro Comics & Games 2014.
(La prima parte, la seconda, la terza, la quarta, la quinta, la sesta, la settima, l’ottava, la nona, la decima e l’undicesima)

L’altro me – l’avversario nell’animazione robotica classica

Zambo-Ace (Zambot 3 – Sunrise, 1977)
Zambo-Ace (Zambot 3 – Sunrise, 1977)

Kappei spezza il cerchio blindato. Il primo tentativo di risposta di un incredulo Kappei alle accuse mosse da CBN8 ai terrestri è: I terrestri sarebbero tutti cattivi? Io conosco anche delle ottime persone. Non «i terrestri sono buoni» o «i terrestri sono comunque migliori di voi»: il suo unico pensiero è rivolto all’assurda assolutezza del discorso Gaizok, spezza l’insieme chiuso e con ciò spazza via ogni pretesa determinazione razziale: se esiste anche un solo terrestre per bene, allora il discorso razziale Gaizok crolla.

Si potrebbe obiettare: Kappei sta solo dicendo che è sbagliato sterminare i terrestri in modo non selettivo, e non che tutti i terrestri meritano di vivere. Direi di no, perché il secondo e ultimo tentativo di risposta di Kappei – quando CBN8 domanda se i Jin hanno combattuto per se stessi – è abbiamo combattuto per tutti, frase che ripeterà anche tra sé e sé ricadendo sulla Terra: dopo aver spezzato la chiusura razziale, Kappei misconosce il discorso meritocratico.

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L’altro me (parte undicesima)

Pubblico, in una serie di post, l’intervento al Pesaro Comics & Games 2014.
(La prima parte, la seconda, la terza, la quarta, la quinta, la sesta, la settima, l’ottava, la nona e la decima)

L’altro me – l’avversario nell’animazione robotica classica

Killer the Butcher (Zambot 3 – Sunrise, 1977)
Killer the Butcher (Zambot 3 – Sunrise, 1977)

Nagai, di nuovo. Sembra un altro mondo, eppure Zambot è di nuovo un prodotto della possessione di Devilman sulla progenie di Mazinga Z: al fondo troviamo ancora ciò che torna dal passato abissale e il problema della tecnica. Ma Yoshiyuki Tomino innesca una reazione tra i due elementi: fa della tecnica il mezzo di fissazione del presente da parte del passato (e di reificazione del soggetto, inchiodato e quindi deanimato), e lo fa in modo immediatamente politico, sia nel senso di una riflessione sul rapporto tra potere, tecnica, sadismo e oggettivazione, sia nel senso di un ritorno prepotente della dimensione storico-politica legata alla Seconda guerra mondiale.

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L’altro me (parte decima)

Pubblico, in una serie di post, l’intervento al Pesaro Comics & Games 2014.
(La prima parte, la seconda, la terza, la quarta, la quinta, la sesta, la settima, l’ottava e la nona)

L’altro me – l’avversario nell’animazione robotica classica

Zambot 3 (Sunrise, 1977)
Zambot 3 (Sunrise, 1977)

In questo post tenterò l’esplorazione di quella che nel precedente ho definito la dimensione psico-filosofica di Zambot 3.

Fughe. Le mosse dialogiche di Butcher e CBN8 sono fughe, vale a dire che Butcher e CBN8 non si assumono la responsabilità del loro operato.

(1) Butcher: Chi ve lo ha chiesto? Ti ringrazieranno? I Gaizok si appellano a una ragione di scambio, non contemplano l’atto gratuito.

(2) Butcher: La Terra si autodistruggerà. Mossa deterministica: tanto è così che deve andare.

(3) CBN8: Io sono il computer programmato per mantenere lo stato etico cosmico. Morale dell’obbedienza: io eseguivo l’ordine. Oppure di nuovo mossa deterministica: sono stato programmato per.

(4) CBN8: Chi ve lo ha chiesto? Ti ringrazieranno? Avete difeso la Terra solo per voi stessi? No? Ma allora ti ringrazieranno? Ne valeva la pena? Ritorno alla prima fuga.

Ne consegue una circolarità di quello che da qui in poi chiamerò “il discorso Gaizok”.

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L’altro me (parte nona)

Pubblico, in una serie di post, l’intervento al Pesaro Comics & Games 2014.
(La prima parte, la seconda, la terza, la quarta, la quinta, la sesta, la settima e l’ottava)

L’altro me – l’avversario nell’animazione robotica classica

La Bandok (Zambot 3 – Sunrise, 1977)
La Bandok (Zambot 3 – Sunrise, 1977)

Tomino. Al polo opposto rispetto al Combattler di Nagahama–Yatsude sta Yoshiyuki Tomino. Tomino culminerà nel realismo vero e proprio, e lo farà passando per la riduzione all’osso, rendendo tributo più al logos che al mythos. La profondità abissale dei demoni di Nagai e delle figure archetipiche di Nagahama-Yatsude si allontana, sostituita da un sempre maggiore grado di realismo, di crudezza e di sublimazione filosofica; passando attraverso il poema della guerra e dello spirito di Zambot 3 (1977) e la parodia sociologica di Daitarn 3(1978), Tomino esaurisce l’animazione super robotica abissale per eccesso di riduzione all’essenziale; infine cadrà completamente nel realismo creando Mobile Suite Gundam (1979), il primo real robot (ma reintroducendo la dimensione psichica con i newtype).

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L’altro me (parte settima)

Pubblico, in una serie di post, l’intervento al Pesaro Comics & Games 2014.
(La prima parte, la seconda, la terza, la quarta, la quinta e la sesta)

L’altro me – l’avversario nell’animazione robotica classica

Getter Robot (Toei, 1974)
Getter Robot (Toei, 1974)

Telestiké. La scoperta dell’esistenza del robot da parte dell’eroe, l’apertura del varco e l’emersione del sommerso arrivano insieme. Perché i mostri non sono i mostri dell’eroe prima della scoperta dell’esistenza del super robot: specialmente nell’era post-nagaiana, la scoperta dell’esistenza del robot e l’assunzione di responsabilità dell’eroe coincidono con la presa di coscienza della propria predestinazione, dunque del fatto che l’abisso è il suo abisso: il super robot è stato costruito per combattere mostri che fino a quel momento, se anche si erano già affacciati sul mondo reale, non sembravano rappresentare una faccenda personale dell’eroe, e l’eroe non era ancora eroe. Il super robot è il mediatore fra i due mondi e il guardiano del varco. In alcune serie, come Raideen e Diapolon, il carattere divino del super robot è esplicitamente affermato. E non è forse Getter Robot, in tutte le sue incarnazioni, quel costrutto della tecnica in grado di convogliare in sé i raggi getter, l’energia cosmica misteriosa che stimola l’evoluzione, tanto che i raggi e il robot  si intrecceranno come spirito e corpo, e si svilupperanno in forme sempre più forti e complesse, fino a sviluppare le pupille, lo specchio della coscienza?

A sua volta il fatto che il super robot non sia un’arma prodotta in serie, ovvero il fatto della sua unicità – che lo distingue dai mostri seriali e ne alimenta lo status di divinità e la funzione di mediazione – si riverbera sulla natura dell’abisso oltre il varco e contribuisce a caratterizzarlo come dimensione altra rispetto al reale quotidiano.

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L’altro me (parte sesta)

Pubblico, in una serie di post, l’intervento al Pesaro Comics & Games 2014.
(La prima parte, la seconda, la terza, la quarta e la quinta)

L’altro me – l’avversario nell’animazione robotica classica

Signore del Drago (Jeeg – Toei 1975)
Signore del Drago (Jeeg – Toei 1975)

Due gradi dell’essere. È vero che, come spesso si dice, negli anime super-robotici la separazione e l’opposizione tra bene e male sono piuttosto nette, ma non si comprende appieno il significato di questa divaricazione finché non la si guarda nel complesso della rappresentazione: la separazione e l’opposizione sono dimensionali, sfruttano la metafora del luogo oscuro e alieno, non terrestre: il dislocamento dei cattivi nello spazio o nelle profondità della Terra.

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L’altro me (parte seconda)

Pubblico, in una serie di post, l’intervento al Pesaro Comics & Games 2014:
qui la prima parte.

L’altro me – l’avversario nell’animazione robotica classica

Bryking (Kyashan – Tatsunoko, 1973)

La dimensione storico-politica e la dimensione psico-mitica. Vi sono due distinte dimensioni simboliche in azione nel filone dell’animazione robotica degli anni Settanta, e si riverberano l’una sull’altra: una dimensione simbolica sociale, collettiva, storica e politica legata all’immaginario e al significato della Seconda guerra mondiale; e una dimensione simbolica che riguarda la vita mentale, affettiva, personale dell’eroe, il suo conflitto interiore e quello che ho chiamato l’universo psico-mitico o psico-teologico.

La dimensione politica. Prenderò in considerazione prima la dimensione storico-politica: è quella più difficile da snodare, ma cercherò di essere breve perché è anche il piano su cui si è scritto di più, mi pare, e rimando ai lavori di Fabio Bartoli e Marco Pellitteri – ai quali questa serie di post deve moltissimo e sotto molti aspetti; ho altresì un grande debito nei confronti di Marcello Ghilardi, di Gianluca Di Fratta, e della redazione di Anime Asteroid.

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Zambot 3: la luna di Tomino

La famiglia Jin è approdata sulla Terra trecento anni fa in seguito alla distruzione del pianeta Biar da parte delle armate dei Gaizok. Ora i Gaizok attaccano la Terra. Kappei, Uchuta e Keiko sono tre giovanissimi Jin cresciuti per pilotare i tre moduli dello Zambot 3, il robot che difenderà la Terra dai Gaizok. Al di là dell’odio dei terrestri nei confronti dei Jin, ritenuti a torto causa dell’invasione (che peraltro è un motivo già presente in Kyashan), il canovaccio di Zambot 3 (Yoshiyuki Tomino, 1977) è a prima vista privo di qualunque originalità; le animazioni sono faticose, i disegni spartani; il mondo di Zambot è rudimentale, fatto di mare aperto o montagne rocciose. Un elemento particolarmente fastidioso poi è la rappresentazione dei Gaizok: il luogotenente Butcher entra sempre in scena con una risatina mefistofelica; le buffonate nella nave nemica sono patetiche, talvolta imbarazzanti.
Eppure a metà serie, all’improvviso, mentre stai per addormentarti, ecco che i Gaizok si travestono da protezione civile e cominciano a radunare profughi terrestri in campi di accoglienza fasulli. In questi campi i Gaizok operano i profughi installando nel loro corpo bombe a orologeria; dopodiché cancellano loro la memoria e li liberano. L’unico segno che distingue le bombe umane è una piccola stella viola sulla schiena, dove il diretto interessato non può vederla.
Tomino non si limita a raccontare questa storia, né a mostrare individui che all’improvviso esplodono. Entra nella vita dei personaggi e mette in scena la disperazione.

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