Mese: Aprile 2011
Orbite vuote a Pesaro
Orbite vuote – che per sua natura era già un po’ a Pesaro – viene a Pesaro.
Lo presentiamo venerdì 29 aprile alle 18.00, alla Libreria Coop, quella giù per il Corso.
Ci sarà Chiara Landonio a introdurre, ci saranno i curatori, Chiara Fattori e Marco Candida, e ci saremo in dinamico duo Daniele Pasquini e io, in qualità di autori.
Di Orbite vuote, è possibile leggere qui, qui e – questa non l’avevo ancora segnalata – qui le prime tre recensioni, a opera di Valter Verri, Gordiano Lupi e Matteo “Andriy” Spinelli.
Vi aspettiamo.
Ché i libri so’ piezz’e corpi.
25 aprile 2011
Molto datato, con qualche inesattezza e approssimazione di troppo, ma per una serie di motivi che vanno dalla coincidenza tra Festa della Liberazione e Lunedì dell’Angelo ai casi della vita, oggi mi va di riesumare questo:
Quindi sono possibili due errori. Il primo è tentare di applicare, semplificando – e lo fanno la new age e in genere l’esoterismo di bassa lega – le leggi dello spirito al piano dell’anima, delle idee e della logica. È la sindrome del “Ma non puoi sempre risolvere tutto con la logica” o “È vero quello che uno crede” o “Per me è così anche se dimostri il contrario” e via dicendo. Il secondo è tentare di applicare, cercando di risolvere la complessità, le leggi dell’anima al piano dello spirito, ovvero applicare la bilancia laddove essa potrebbe essere sollevata del suo stesso peso e se è il caso gettata via. È la sindrome che comunemente chiamiamo cattiveria, o spietatezza. È perché esistono questi due tipi di errori che esistono due tipi di fascismo, o se si vuole un solo tipo di fascismo che esercita entrambe le violenze negando sia la logica sia l’ordine del cuore.
che viene da qui.
Dimanche
Dio ha in sé un fondamento intimo della sua esistenza che, in quanto tale, lo precede come esistente; ma Dio è a sua volta il Prius del fondamento, in quanto il fondamento, anche come tale, non potrebbe essere, se Dio non esistesse actu.
Alla medesima distinzione conduce una veduta che parta dalle cose.
Prima di tutto bisogna mettere interamente da parte il concetto di immanenza, in quanto con esso si deve esprimere un’inerte comprensione delle
cose in Dio. Noi pensiamo piuttosto che il concetto del divenire sia l’unico adeguato alla natura delle cose. Ma esse non possono divenire in Dio, considerato assolutamente, poiché esse sono diverse da lui toto genere o, per parlare più giustamente, sono da lui infinitamente diverse. Per essere separate da Dio, esse devono divenire in un fondamento diverso da lui. Ma poiché nulla può essere fuori di Dio, questa contraddizione si può risolvere solo così, che le cose hanno il loro fondamento in ciò che in Dio non è Lui stesso, vale a dire in ciò che è il fondamento della sua esistenza.
Pâques
«Coloro che affermano: “Il Signore è morto e poi è risuscitato” sbagliano. Egli infatti prima risorse e poi morì. Chi non ottiene prima la risurrezione, costui morirà. Poiché Dio vive, costui sarà morto».
Vangelo di Filippo, 56
GNAP! – la tecnica dello schiacciapatate
Prima o poi mi deciderò a compilare e pubblicare un elenco delle fallacie e delle mosse retoriche subdole che si stanno propagando in Italia in questi anni in modo massiccio e preoccupante: basti pensare all’uso diffusissimo e spensierato dell’argomento a uomo o del processo alle intenzioni. Temo abbiamo a che fare con la prole deforme nata dalle Nozze di Relativismo e Televisione: si tratta di fallacie e mosse che il loro stesso substrato ideologico incorona come uniche forme retoriche moralmente legittime; il medesimo substrato ideologico, intanto, rovescia senza pietà argomenti e dimostrazioni nel cestino delle dialettiche immorali; tutto ciò sta trasformando una parte della popolazione in troll (nel senso internautico) e l’altra parte in soggetti schizofrenici costretti a interrogarsi e rispondersi da soli; se gli schizofrenici che si interrogano e si rispondono da soli mi fanno venire in mente Socrate in Gorgia 506c-507c, i troll mi fanno venire in mente – più che sofisti come Gorgia, Callicle o Polo – i puffi neri, o i film di zombie dove i virus si impossessano dei cadaveri; e credo sia significativo che, nella filmografia sugli zombie, gli zombie si siano fatti via via sempre più rapidi e aggressivi.
La lingua e l’Osceno
«44. La tattica che l’Osceno persegue è lungimirante e, al tempo stesso, delirante. Inutile volerle opporre i solidi argomenti di una ragione o quelli dell’interesse comune. Credere di poterla criticare in nome della coerenza e della ragionevolezza, significa dimenticare come il potere ubuesco si fondi proprio sulla sua incoerenza ossia sulla possibilità di cancellare ogni contraddizione tra una versione dei fatti e quella successiva, tra un’opinione e l’altra, come tra due immagini tra loro contrastanti. Ma è anche vero che, nel momento in cui ha potuto deridere ogni interlocutore che provasse ad argomentare razionalmente le sue affermazioni, il potere ubuesco ha cancellato di fatto la possibilità stessa di una dimensione pubblica. A tal scopo ha addestrato un piccolo esercito di professionisti della menzogna, abituati a interrompere sistematicamente ogni ragionamento, facendo passare gli altri per pesanti e indigeribili intellettuali e se stessi per brillanti conversatori, quando invece sono solo squadristi mediatici.
Dimanche
Se la divina volontà impone al momento presente il dovere di leggere, la lettura realizza in fondo al cuore il fine misterioso; se la divina volontà impone di lasciare la lettura per un dovere di contemplazione attuale, sarà questo dovere a realizzare in fondo al cuore l’uomo nuovo, e la lettura diventerebbe allora pericolosa e inutile. Se la volontà divina distoglie dalla contemplazione attuale e impone invece di ascoltare le confessioni ecc., e questo (per) un tempo considerevole, tale dovere forma Gesù Cristo in fondo al cuore, e tutta la dolcezza della contemplazione non servirebbe che a distruggerla.
Indignazione e satira nell’Osceno
«Fa ancora parte dell’indifferenza prodotta dall’Osceno il fatto che ci si indigni. Benché appartenga alle reazioni spontanee che questo sistema provoca, l’indignazione è ancora una di quelle armi spuntate che l’Osceno stesso offre ai suoi critici. Da questo punto di vista vale ancora il suggerimento di Marcuse secondo il quale “solo nell’indignazione l’Osceno è più che un fantasma” e che l’indignazione è ancora parte costitutiva del problema. Forse non c’è espressione più rivela trice della situazione attuale che la frase “siamo tutti scandalizzati”. Nello scandalo, di cui tutti sono scandalizzati, nessuno è chiamato ad assumersi alcuna responsabilità. È sufficiente essere scandalizzati, o dichiararsi tali, perché sia garantita l’assoluzione dalle proprie colpe o dalle proprie complicità. Anche affermare l’insopportabilità della si tuazione non ne intacca minimamente il potere. L’attesa di una svolta, la percezione che si sia passato il limite, fa ancora parte dell’Osceno. Del resto, proprio la convinzione che si sia superato un limite ulti mo permette alla fine di sopportare tutto, anche l’insopportabile. Si mili dichiarazioni sono piuttosto sintomatiche di come la comparsa dell’Osceno lasci la nostra lingua arsa, svuotata delle sue capacità. Che nella situazione italiana attuale, le stesse risate della satira finiscano per essere, malgrado tutto, l’emblema della nostra impotenza e del la nostra paura, mostra come l’espropriazione del linguaggio, di cui facciamo quotidianamente esperienza, colpisca proprio la capacità di ridere. I primi e forse i soli a dover essere feriti da queste risate siamo noi stessi, e non certo l’osceno potere ubuesco a cui esse sono rivolte.»
Gianluca Solla,
“L’Osceno. La società immaginaria e la fine dell’esperienza”,
in Filosofia di Berlusconi, a cura di Carlo Chiurco.
Resa di un recensore di Candida (parte quarta)
Come si può leggere nelle parti precedenti di questa resa, qualche considerazione sul Bisogno dei segreti l’ho fatta; per esempio, questa: il ruolo che negli altri romanzi di Candida era svolto da una percezione distorta della realtà, una percezione prodotta dall’ossessione, nel Bisogno dei segreti è svolto da una consapevole manipolazione dei dati di realtà a opera di una protagonista che organizza ai danni del mondo un piano ben preciso, un piano che consiste nel trasformare la realtà altrui in un incubo. Per ora teniamola qui, questa considerazione.
Ho detto che in questa quarta e ultima parte avrei parlato del modo in cui, nel Bisogno dei segreti, accade tutto ciò che accade. Ecco. Innanzitutto c’è il gusto della lettura, talmente intenso che posso prendere in mano il libro con le migliori intenzioni esegetiche e dopo un po’ sto correndo sulle parole dimenticandomi completamente degli universi candidiani, delle cartine geografiche, di tutto quell’armamentario cerebrale da cerebralisti; dopo averlo letto la prima volta mi sono pure detto: rileggendolo non succederà; e invece è successo di nuovo. In secondo luogo nel Bisogno dei segreti i temi candidiani sono come sminuzzati, centrifugati, amalgamati, affogati in una pasta completamente nuova; qui c’è un testo che non rinuncia alle descrizioni ossessive ma, rispetto al passato, nasconde i simboli più profondamente, o diversamente: i simboli entrano nella mente di soppiatto, come alle spalle di una sentinella; ma la sensazione è che andranno tutti dove devono andare, e andranno a conficcarsi più in profondità di dove li avrei sistemati io se si fossero fatti vedere dalla sentinella.