Desiderio, o intelletto. O.
Schelling, che è panteista, sembra quasi dire che Dio viene alla luce nel venire alla luce progressivo della natura, e che egli perviene alla coscienza di sé attraverso quell’evoluzione della natura che è l’uomo. Alla base di questo dispiegarsi Schelling pone da un lato il Fondamento oscuro, che non è esistente, ma è proprio il fondamento stesso dell’esistenza, e che per Schelling è puro desiderio cieco; dall’altro lato Schelling pone il Logos, quel Logos ontologico che è la forza ordinatrice, il Logos come grammatica della natura, che illumina il Fondamento oscuro e man mano che lo illumina trae alla luce, e quindi le ordina secondo le sue regole, le cose che esistono e i loro istanti; e man mano che lo illumina il Fondamento si ritira in sé stesso. La dialettica tra Fondamento e Logos (e la Terza Forza che da essi procede e alla quale penserò un’altra volta) è il divenire di Dio, è la vita stessa di Dio.
C’è qualcosa di meraviglioso nella concezione schellinghiana, e probabilmente sta nella sua capacità di dare soddisfazione sia al nostro sentimento di trascendenza sia alla nostra esigenza intellettuale di una visione scientifica del mondo. Ma rimane in qualche modo una narrazione ontologica che forse crolla proprio laddove ci si aspetta non una spiegazione del venire al mondo del mondo, ma l’insegnamento di uno stile di vita: è un Logos nel senso ontologico di grammatica naturale, quello di Schelling. Nient’altro, almeno per ora. Almeno finché non sorge la Terza Forza. Ma quello che mi interessa qui sono le concezioni della Prima e della Seconda.